
Le radici del nostro essere
Il potere del genosciogramma
Il viaggio che il genosociogramma ci invita ad intraprendere è complesso, volto alla conoscenza delle nostre radici, di chi siamo realmente, della nostra identità.
Anne Ancelin Schützenberger, psicoterapeuta e autrice di tale strumento, apre il suo celebre libro, dal titolo “La sindrome degli antenati”, con la seguente riflessione: “La vita di ciascuno di noi è un romanzo. Voi, me, noi tutti viviamo prigionieri di una ragnatela invisibile di cui siamo anche tra gli artefici. Se imparassimo […] ad ascoltare e a vedere meglio queste ripetizioni e coincidenze, l’esistenza di ciascuno di noi diventerebbe più chiara. Ma è possibile sfuggire a questi fili invisibili?”. Non siamo unicamente eredi di tratti genetici e caratteriali, siamo anche il risultato di un intreccio di storie, emozioni e legami che riceviamo dai nostri antenati, e di questo non sempre ne siamo consapevoli. Il nostro modo di essere e di muoverci nel mondo è dunque determinato da aspetti ed eventi che spesso non ci riguardano e che non appartengono in modo diretto alla nostra vita. Ereditiamo anche i traumi familiari, ma ciò che a noi giunge, nel presente, sono i sentimenti di tali eventi non elaborati, i quali divengono fantasmi che vivono dentro di noi, spettri del non detto e dell’indicibile.
Sono i nostri genitori, così come i nostri nonni, che nel tentativo di proteggerci scelgono di non narrare e di tacere eventi dolorosi, come la guerra, l’omicidio, il suicidio o la deportazione di un membro della famiglia. Vengono dunque omessi dei veri e propri pezzi di storia familiare, che non raggiungo (a livello di conoscenza) le generazioni successive. Frasi come “è per il tuo bene” hanno silenziato queste esperienze che, lasciate in sospeso, hanno finito con il tramutarsi in ferite non guarite. A tal proposito Anne Ancelin Schützenberger scrive: ““C’è una cattiva abitudine nelle famiglie: è di credere che sia possibile mantenere un segreto, e che tutto ciò che è triste non si deve dire. Così non si portano i bambini ai funerali, non gli si dice della morte del nonno e della nonna. Gli si nasconde tutto quello che è considerato triste ma tutto quello che si nasconde ai bambini, i bambini lo cercano appassionatamente. Lo immaginano e, naturalmente, lo immaginano molto peggio della realtà”.

Rimanendo taciuti, i segreti acquisiscono un potere sottile e al contempo profondo, nel condizionare non solo la psiche ma anche il comportamento delle generazioni successive, esprimendosi poi in forme inconsapevoli. Tali silenzi dunque non svaniscono ma si annidano nel tessuto familiare, e si trasmettono come un’eredità invisibile, manifestandosi in sintomi fisici e psicologici. Il “non detto”, agendo al di fuori della consapevolezza, guida i nostri comportamenti che, in mancanza di una comprensione delle radici familiari, risultano essere difficili da spiegare o da risolvere.
Prima dei lavori e degli studi della Schützenberger, Carl Gustav Jung, nella sua opera “Ma vie”, suggerisce un profondo (ed inconscio) legame tra le generazioni. Lavorando al suo albero genealogico, prende consapevolezza della comunanza che lega il suo destino con quello dei suoi antenati, sottolineando di sentirsi sotto l’influenza di problematiche lasciate incomplete nel passato, dai genitori, dai nonni o dai bisnonni: “Penso che anch’io devo rispondere a delle domande che il destino ha già posto ai miei avi, domande alle quali non si è ancora trovata una risposta, o devo risolvere o semplicemente approfondire dei problemi che le epoche anteriori lascmi hanno lasciato in sospeso”.

Il genosociogramma ci permette di esplorare e dare forma alle radici familiari, aiutandoci a comprendere meglio chi siamo. Esso è infatti uno strumento di analisi psicologica e genealogica che utilizza la rappresentazione grafica tipica dell’albero genealogico, integrandola con informazioni riguardo le relazioni emotive, i legami affettivi e le dinamiche interpersonali all’interno della famiglia. Nello specifico dunque, si tratta di una tecnica grafica che include i nomi, cognomi ed eventuali soprannomi di ogni membro della famiglia, accompagnati dalle date di nascita, matrimonio, separazione, divorzio, morte o ulteriori eventi significativi. Vengono altresì indicati elementi quali attività, occupazioni, luoghi di residenza, malattie e cambiamenti nel percorso di vita. La raccolta di tali informazioni, per permettere un’analisi adeguata della storia familiare, deve coprire almeno tre generazioni.
A differenza di un semplice albero genealogico, il genosociogramma si addentra nei vissuti, nei segreti e nei conflitti che hanno segnato le vite dei nostri avi. Attraverso frecce e simboli specifici vengono messi in luce elementi come le diadi, i triangoli, le coabitazioni, le esclusioni, le sostituzioni nei ruoli familiari, nonché le ingiustizie e le ripetizioni di vissuti tra le generazioni. A volte, sono proprio i vuoti e i silenzi nella memoria familiare a rivelare più elementi relativi a ciò che è stato omesso o rimosso dalla storia familiare.
La costruzione di questo strumento ci guida verso la vera conoscenza di noi stessi, permettendoci di scoprire in che modo la nostra storia familiare possa plasmare le nostre scelte, i nostri comportamenti e persino il nostro modo di percepire il mondo.
Utilizzare il genosociogramma, che tiene conto non solo dei fatti di vita, ma anche dei sentimenti e dei traumi trasmessi, ci permette di avere una visione d’insieme della nostra storia. È un atto di consapevolezza: in un solo colpo d’occhio, si possono vedere come secoli di storie familiari influenzano la nostra identità. Questo ci da l’opportunità di porre le domande giuste, sia a noi stessi che all’ambiente che ci circonda e in cui siamo cresciuti, alla ricerca di ciò che risiede dentro di noi.
Comprendere questi legami, o “fili invisibili” come li definisce Anne Ancelin Schützenberger, ci offre la possibilità di liberarci da una vita condizionata da aspettative, lealtà e “copioni” familiari. Essi ci intrappolano in percorsi che non ci appartengono, ma di cui ne subiamo le conseguenze che continuano a influenzare profondamente la nostra vita.
È un processo che non solo ci aiuta a scoprire chi siamo, ma ci permette anche di recuperare il diritto di vivere in maniera autentica ed a non essere schiavi di modelli inconsapevolmente ereditati.
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